martedì 30 luglio 2013

Con Marta, donna No Tav

Riceviamo e pubblichiamo con preghiera di adesione all'appello seguente:

Nella notte di venerdì 19 luglio, centinaia di uomini e donne No Tav cercano di avvicinarsi alle recinzioni che espropriano una parte della Val Susa: terra di boschi e lavande, terra che dovrebbe dare frutti, terra che uomini e donne hanno vissuto e rispettato. Terra di lotte partigiane, sentieri che hanno visto combattere, e vincere, contro i nazisti. Ma quella terra ora è deserto, ruspe che scavano e abbattono, recinti e check point, gas che avvelenano, con le popolazioni civili, i loro campi e le loro vigne.
Una terra strappata al presente in nome di un “progresso” che avvelena le vite delle donne e degli uomini, impegnato a distruggere i valori e la dignità delle comunità. Un salto indietro nella storia.
Venerdì 19 luglio uomini e donne No Tav si avvicinano nel buio per battere sulle reti e gridare: “mia nonna partigiana me l’ha insegnato, tagliare le reti non è reato”.
Qualcosa è accaduto, venerdì notte, in Val Susa. Centinaia di agenti, esercito armato e attrezzato per la guerra, hanno assalito quegli uomini e quelle donne armati di torce e limoni e bottiglie d’acqua. Hanno chiuso loro ogni via d’uscita e, novella Diaz, hanno operato una mattanza. I più giovani, come testimoniano gli anziani della valle, hanno cercato di proteggere una via d’uscita ai più deboli, consentendoli di arrampicarsi sulla montagna, fuori dai sentieri chiusi dalle “forze dell’ordine”. Hanno pagato un prezzo altissimo, 63 feriti, 2 fermati, 7 arrestati.
Una nostra amica, Marta, 33 anni, pisana, viene fermata, colpita alle spalle durante la fuga. La sua testimonianza racconta le manganellate alla schiena mentre è schiacciata per terra dagli scarponi di agenti di cui non riesce neanche a vedere il volto. La notte è satura di gas e lei non è protetta da maschere, a differenza degli agenti. La trascinano in due, uno le stringe il collo, dell’altro restano sul suo braccio le impronte livide della stretta. La trascinano mentre altri intervengono. Uno alza il manganello e le spacca la bocca (6 punti esterni, 2 interni), altri le palpeggiano il seno e il pube. E’ un coro di insulti, un gridare “puttana”. Sanguinante la portano dentro il cantiere, gli insulti e gli sputi continuano, ci sono i magistrati e anche una donna poliziotto che non porta conforto ma altri sputi e insulti e molestie verbali.
Un medico di polizia raccomanda il ricovero immediato in Pronto Soccorso. Passeranno quattro ore. Quattro ore di sangue sul volto e sputi e insulti al suo essere donna.
Dal Pronto Soccorso la rilasceranno indagata a piede libero. Non è il caso di farla vedere a un giudice.
Ma la Diaz di Marta non è finita. Non è bastato il pestaggio, non sono bastate le violazioni al suo corpo di donna, non sono stati sufficiente “lezione” gli insulti e gli sputi e il ritardo nei soccorsi.
Marta non è stata zitta. Ha alzato la faccia ferita, è andata davanti alla stampa e ha osato raccontare.
Lei, l’unica dei fermati di quella notte d’inferno che poteva parlare.
E allora la caccia alle streghe riparte. Come donne conosciamo i toni e i modi e la violenza profonda di chi ti umilia e viola e insulta un’altra volta. Ed ecco spuntare l’UGL, sindacato di destra, a chiedere per Marta punizioni esemplari. Ed ecco un senatore della Repubblica, Stefano Esposito, Partito Democratico, divertirsi a twittare che Marta è bugiarda, che le manganellate giuste che ha preso se l’è cercate con la sua “guerra allo Stato” e che certo nessuna molestia c’è stata. Una follia di machismo, una banale arcaica prepotenza sulle donne umiliate e su Marta violata che si permette ancora di ribadire, dalle frequenze di una radio nazionale.
Come donne non possiamo tacere. Non possiamo tollerare che la terra, gli uomini e le donne continuino ad essere violati. Non possiamo più sopportare che la vita e i bisogni di tutte e di tutti siano travolti dall’arroganza dei pochi che su questo possono lucrare. Un arroganza che si crede onnipotente, che pensa di poter travolgere i corpi e le vite delle donne e degli uomini, con la violenza delle armi, prima, con quella degli insulti e della denigrazione e delle menzogne, poi.
Per Marta e i feriti della Val Susa esigiamo giustizia.
Per le donne violate esigiamo rispetto. Se il carnefice è pagato dallo Stato ne esigiamo di più.
Donne della Pisa No Tav

Per adesioni: monicamoretto1@virgilio.it

lunedì 29 luglio 2013

Nota alla lettera del Presidente Ballardin

Ecco come promesso nello scorso post il documento che abbiamo definito e inviato in data odierna a tutti i Sindaci della Provincia di Varese in merito alla lettera inviata in data 13 giugno 2013 da Presidente della Conferenza dei Comuni agli Amministratori varesotti (leggi la nostra trascrizione)



Come potete notare abbiamo ribadito quello che da mesi ripetiamo (e ripeteremo) a tutti gli Amministratori, negli incontri ufficiali e non, mantenendo ben presente che l'unico modello gestionale che abbraccia a pieno l'esito referendario è quello dell'Azienda Speciale. 

Inoltre contestiamo all'Ufficio d'Ambito il metodo fin'ora utilizzato, ovvero quello della "democrazia al contrario": prima Galli & C. "sentono" i 4 comuni big della Provincia di Varese, convocano Conferenze dei Sindaci senza che Questi si presentino senza alcun mandato dai rispettivi consigli comunali, poi cercano il loro voto (dei consigli comunali) per una delibera, della quale, sfidiamo (sicuramente la maggior parte dei comuni intervenuti nelle ultime due conferenze dei Sindaci) ad intavolare in aula consiliare una discussione in merito basata su informazioni e/o conoscenze valide per raggiungere un voto pienamente condiviso e consapevole, soprattutto con l'avvallo dei cittadini da ognuno amministrati. 

Questo non per mancanza di capacità da parte dei Primi Cittadini, ma perché a nostro parere le occasioni per un serio e trasparente confronto (anche con il Comitato) sono state talmente poche, e quelle poche gestite dall'Ufficio d'Ambito in direzione "a senso unico" (S.r.l. a totale capitale pubblico), che i Sindaci o prenderanno tempo per deliberare oppure seguiranno la volontà dell'Ufficio d'Ambito...senza nemmeno sapere, per esempio, quale tariffa richiederà il nuovo gestore unico.

Comunque sia, alcuni dei big rispondono (o non rispondono) all'Ufficio d'Ambito in merito. Saronno la scorsa settimana, rintuzzato dal nostro comunicato stampa, esce sulla stampa locale con un suo comunicato e risponde, è il caso di dirlo per le rime all'Ufficio d'Ambito, mentre Busto Arsizio considera la delibera non "rilevante ed improrogabile" e quindi rimanda al 16 settembre il prossimo consiglio comunale, annullando quello del 29 luglio. Ad oggi sappiamo che anche Cardano al Campo, nonostante i tragici eventi, non convocherà alcun consiglio comunale pre-vacanziero, mentre ad Olgiate Olona procedono in tutta fretta

Staremo a vedere, sperando di aggiornarvi con buone notizie, prima della pausa vacanziera.



giovedì 18 luglio 2013

Comunicato stampa del 18/07/13

Ciao a tutti.

Qui sotto potete leggere il testo del nostro ultimo comunicato stampa appena inviato ai giornali in merito alla recente manovra di asservimento da parte dell'Ufficio d'Ambito nei confronti dei Sindaci di tutta la Provincia di Varese in merito all'adesione al nuovo gestore unico.


Chiaramente siamo già in possesso di tale lettera e a breve vi aggiorneremo (e soprattutto aggiorneremo tutti  i Sindaci) in merito.

martedì 2 luglio 2013

Conferenza dei Sindaci del 27 giugno 2013

Abbiamo presenziato alla conferenza dei Sindaci dello scorso 27 giugno 2013, dove all'ordine del giorno vi era l'approvazione della bozza dello statuto della nuova società che gestirà il servizio idrico integrato in tutta la Provincia di Varese......o no?

Il dubbio nasce non da un nostro ambito desiderio, ma proprio dallo statuto della società Alfa S.r.l. (abbiamo appreso dalle slide illustrate dalla dott.ssa Arioli che il nome della società non è stato ancora deciso), in quanto (comma 4 art. 6) si lascia mano libera ai comuni che decidessero di non entrare a far parte, con la propria quota di capitale sociale, nella società. 

La dott.ssa Arioli, risponde però ad un Amministratore presente alla conferenza, dicendo chiaramente che nessun comune potrà gestire il servizio idrico integrato "in economia", confermando quanto prescrive la legge regionale attuale (26/2003 e s.m.i. 21/2010) che individua un unico soggetto gestore per ogni ATO (comma 1 art. 48).

Questa ambiguità cercheremo di capirla meglio nei prossimi giorni. Ci permettiamo di azzardare che la "temporaneità" della non adesione al gestore unico provinciale sia solo un escamotage per lasciare più tempo al comune di Varese (che ancora una volta ha votato a favore dello statuto, nonostante il suo gestore attuale del SII abbia fatto ricorso contro l'ufficio d'ambito) di sbrigare la complicata (impossibile, ndr) partecipazione a quote di capitale della nuova società, in quanto ASPEM S.p.a. è fortemente partecipata dal A2A S.p.a., e quindi impossibilitata appunto a farne parte in quanto una prerogativa per entrare in una gestione "in house" è quella di essere soci totalmente pubblici.

Riteniamo infine che nello statuto vi sia una volontà a tener comunque aperta la porta ai privati. Nonostante il divieto espresso alla partecipazione degli stessi alle quote di capitale, si lascia un bassissimo quorum in seconda convocazione dell'assemblea dei soci, per modificare lo statuto o trasformare la società!